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Lettere dal fronte: 1-15, 16-29, 30-46, 47-70, 71-94, 95-119, 120-141, 142-163, 164-184, 185-204, 205-222
L'ultimo anno di guerra
142. Ottone a Sandra. 3 novembre 1917. Cartolina militare. TP: Milano Ferrovia, 6.11.17 (ma Ottone era a S.Giacomo delle Segnate).
3-11-917
Non potendo telegrafare ripeto con questo mezzo mie notizie. La salute è buona. Stiamo in marcia da otto giorni e ben presto avremo un po’ di riposo. Allora scriverò a lungo. Abbiamo la coscienza di aver fatto tutto il nostro dovere.
Saluti aff.mi, si parte. Ottone
143.Ottone a Sandra. 2 e 4 novembre 1917. Cartolina postale. TP: Quietello (Mantova), 4.12.17.
S. Giacomo [1] li 2-11-917
Carissima
Abbiamo ripreso il nostro peregrinare, da due giorni. L’indirizzo quindi credo starà per cambiare. Dico credo perché ci siamo spostati in tre diversi paesi non allontanandoci mai però dal centro “S.Giovanni [sic] delle Segnate”. Potrai intanto continuare l’invio della corrispondenza all’indirizzo indicatoti telegraficamente e nello stesso giorno ripetuto a mezzo lettera. Ti darò altro avviso quando dovrà essere modificato. Ieri ebbi finalmente un pacco di graditissime e attese tue lettere - venti in tutto. Certamente qualcuna se ne sarà perduta o dovrà fare giri viziosi prima di giungermi, ma se mi giungeranno le avrò care e le custodirò gelosamente a ripagarmi del dolore vivo d’aver perdute le altre, che segnavano una pagina di ricordi indimenticabili e cari.
La mia attività à impedito ancora una volta d’inviarti una semplice cartolina: riprendo nientemeno oggi 4/11 ad ultimare queste due righe affrettatissime dopo due giorni completi di interruzione. Ieri sera ebbi tre altre tue carte, però col nuovo indirizzo. Ò notato anzi che le stesse sono state ritardate perché mancanti dell’indicazione della batteria. Non dimenticare di aggiungere 704a Batt. d’Ass. Ricevi i più sentiti e affettuosi saluti. Ottone. Ossequi ai tuoi.
Oggi spero trovare il tempo per una mia lunghissima. Certo che il materiale da svolgere è così copioso che ben poco si presta il mezzo grafico. C’intenderemo tanto meglio a voce! Speriamo sempre, sempre, che la fortuna non ci abbandonerà!
144. Ottone a Sandra. 9 novembre 1917. Cartolina illustrata: Saletto. TP: Saletto Mantova,10.12.17.
9-11-17
Carissima
Ripeto, nel dubbio non ti siano pervenute mie precedenti. Salute ottima. Guai passati già dimenticati. Stai tranquilla. Siamo in marcia da quattordici giorni, ma presto ci fermeremo. Abbi fiducia e forza d’animo. Supereremo felicemente tutto.
Saluti affettuosissimi e infiniti Ottone
anche da Ivan
145. Ottone a Sandra. 11 novembre 1917. Matita copiativa.
Cologna Veneta 11-11-917
Mia cara Sandrinella
Avrai già ricevute le mie tre cartoline precedenti? Lo dubito molto: mi lusingo perciò che la presente possa avere il corso più rapido. Ò ripetutamente chiesto di telegrafare poche parole, ma è sospesa l’accettazione di telegrammi privati. Pazienza! Dopo vicende travagliosissime posso finalmente dirmi salvo. Ed ò la coscienza d’aver compiuto tutto il mio dovere e più.
Il nostro gruppo (3 batterie) unico nella regione, rimase a trattenere il nemico (e lo trattenne per ben ventiquattr’ore) fino a che ritiratesi anche le fanterie restò solo al posto di combattimento. Il tuo Ottone abbandonò allora le carte per divenire capo pezzo, poi quando il tempo e gli avvenimenti precipitarono, ebbe ordine di mettere in efficienza i polverosi fucili (mai adoperati) per la difesa ultima. E attendemmo un lungo pomeriggio ed una notte abbandonati, contrastando a cannonate tremende il passo al barbaro.
E sul far del giorno, quando già eravamo circondati da presso, asportammo gli otturatori ritirandoci in bell’ordine, nello squallore del deserto fumante d’incendi. Non posso e non voglio entrare in particolari sul resto della ritirata, che divenne tremenda. Ò assistito a scene che il mondo forse non vide uguali: l’orrido, il grandioso, lo spaventevole fusi insieme! Ò salvato la vita parecchie volte miracolosamente, quando già più non speravo neppure nell’aiuto divino, tanto inaudito e tremendo era il pericolo e lo spettacolo. In circostanze tragiche smarrii le tracce dei compagni e di mio fratello. Ci ritrovammo dopo molti giorni sulla via della ritirata. E questa è oggi terminata, dopo ben quindici giorni di marce forzate.
Chi avrebbe creduto poter sopravvivere a tanta spossatezza, a tante privazioni!...
Ti giuro non morirò più, sai!
Ne ò passate troppe!
Questo pensiero ti deve far tranquilla per il futuro. Intanto mi trovo in buona salute (sebbene un po’ dimagrito dagli strapazzi) in paese civile, dove attenderemo nuovo armamento. Ed intanto avremo qualche giorno di riposo e potremo mangiare a sazietà.
All’ultimo momento ci vien comunicato che domani avremo da fare ancora qualche chilometro per raggiungere la nostra destinazione definitiva. Tu potrai intanto scrivermi subito rassicurandomi del tuo stato d’animo al seguente indirizzo:
740a Batteria d’Assedio
Campo riordinamento d’Artigl.ria
Frazione A
Zona di guerra.
Se ci sarà dato rivederci in questo inverno, come spero, avrò tanto tanto da dire, che non imagini.
Abbi fiducia anche tu nel nostro presto arrivederci e soprattutto stai tranquillissima ora.
Questa sera giungono buone notizie dalla prima linea. Saluti cari, carissimi e tanti. Ottone tuo. Salutissimi ai tuoi
146. Ottone a Sandra. 14 novembre 1917.
Zona di Guerra 14-11-917
Mia Sandruccia
Quanto mai è triste quest’attesa lunga di tue nuove. Vorrei sapere tanto presto se ti sei rassicurata sul mio conto, ché certo avrai dovuto temere per me, non è vero?
Ma quanto grande fu anche la protezione del Cielo! Ti assicuro che le tue preghiere ànno un’efficacia immensa. Tu devi essere tanto accetta alla nostra Madonnina, se ò potuto trarmi da tanti guai.
Ed ò potuto convincermi che tutto il bene mi viene da te, perché io ben poco merito, sai.
Mi sento tanto cambiato. Irascibile, collerico, insofferente: sento più odio che affetto. Ò acquistata quella convinzione che ripudiai sempre: di ritenere il mondo un impasto di miserie di perversità brutte.
É pur vero che tante ragioni mi trascinano a questo nero pessimismo, ma ciò non toglie che questa nuova coscienza mi gravi d’un peso molestissimo. Sento che per diventar migliore potrò solo chiudermi in un egoismo che vivrà di pochi affetti intimi e vorrà dimenticare l’universo indegno. Ma quello che maggiormente mi atterrisce è la sfiducia calma, serena, sorridente quasi, e priva di titubanze che mi à dominato, vinto irresistibilmente, convintamente.
Ò perciò dovuto meravigliarmi di me stesso oggi, che all’appello fatto rivolgere a noi tutti dai comandi superiori, risposi per primo in favore di una pronta partenza per il fronte: volontaria. Ed il mio gesto à trascinato tanti titubanti.
Ma perché respingerli quando li abbiamo voluti? Credo sia meglio rimettere ogni commento al dopo guerra. Parlandone allora ci sembrerà di occuparci di storia antica ed eviteremo di rattristarci soverchiamente.
Penso con rincrescimento infinito che ò dovuto lasciare in mano del nemico tutta (o quasi) la tua corrispondenza, senza poterla neppure distruggere. Ne ò portata con me quanta più potevo, ma ero stracarico nella quasi nudità, poi nei vari incidenti di via (che furono i più dolorosi della tragica storia) ne ò perduta dell’altra. Ò però portato con me, fra le altre tutte, anche la tua prima fotografia che dovetti decidermi a togliere dal cartoncino. Mi sembrò sacrilegio, ma fu necessario. Anche degli oggetti del pacco quanti ne andarono perduti! E pensare che non ò avuto neppure il tempo di ringraziartene. Conservo fortunatamente la bella stola a bottoni, che mi fu utilissima in questo lungo peregrinare per l’insufficienza di abiti. À sopperito bravamente alla mancanza del pastrano e della coperta.
A giorni ci rivestiranno a nuovo e appena pronto l’armamento ripartiremo. Però credo dovranno sempre passare una o due settimane che saranno di relativo riposo.
Intanto potrai scrivere sempre al campo di Riordinamento Artiglieria come già ti scrissi nella mia precedente curando però di mettere anziché Zona di Guerra: (Verona) Cologna Veneta.
Ti raccomando di essere sempre tranquilla per me, ché se fino ad ora è andata bene, non potrà andar peggio, certo, in seguito.
Dammi sollecite tue nuove.
Saluta intanto i tuoi tutti e in modo speciale la mamma. Tu ricevi tutto quello che ti invio con affetto infinito grande grande Ottone tuo
147. Ottone a Sandra. 18-21 novembre 1917. La prima parte della lettera a matita copiativa, la seconda a matita.
18 Novembre 1917
Mia carissima
Siamo nuovamente in marcia già da due giorni. Fortunatamente non abbiamo perduto l’allenamento ed il sacrificio ci sembra minore.
I difetti dell’approvvigionamento e dell’alloggiamento sono tali tuttora da farci provare i più dolorosi disagi.
Si desidererebbe essere già a destinazione e conoscere la nostra sorte definitiva, ma tutto è incerto ancora. Le congetture più strane si vanno formando e corrono tutta l’infinita colonna marciante, che à l’estensione di decine e decine di chilometri. Si vuol affermare con più insistenza che saremo divisi fra i due centri, Bologna e Piacenza, per essere armati mano mano o appena possibile.
Vorrei credere anch’io, ma l’ipotesi è troppo ottimista. Comunque ci andiamo preparando a qualsiasi avvenimento per esser pronti, come per il passato, ai nuovi sacrifici. Spero che questi avranno miglior fortuna, per esser disciplinati da uomini migliori. Lo auguro a noi e alla povera Italia che vedo seriamente minacciata. Il nuovo inizio della nostra marcia ti farà comprendere che l’indirizzo consigliatoti con la mia precedente non è più valevole, quindi necessiterà attendere ancora una fermata duratura.
Imagina quanto turbamento mi procuri questa mancanza assoluta e prolungata di tue nuove che minaccia di non terminare tanto presto. Potessi almeno esser certo che le mie lettere ti giungono regolarmente e che tu sei finalmente tranquilla! Se giungeremo in un centro importante cercherò nuovamente di telefonarti, ma non mi lusingo troppo di potervi riuscire. Oggi ripensando
Dalle rive del Po li 21-11-917. Siamo giunti ieri sera, ci tratterremo qui presso a Bondanello per diversi giorni. Sarà necessari[o] attendere ancora per un indirizzo sicuro. Sto abbastanza bene. Avendo occasione di spedire subito la presente non posso dilungarmi per non perdere la rara occasione.
Saluti affettuosissimi Ottone
Salutissimi a tutti anche da parte di Ivan
148. Ottone a Sandra. Bondanello, 25 novembre 1917.
Bondanello 25 Novembre 1917
Mia Sandrinella
Già da qualche giorno ci troviamo in questo paese (o per meglio dire in queste campagne) senza il benché minimo conforto, che pur si sarebbe sperato in una zona tranquilla.
Una fame arrabbiata ci à perseguitato fino a ieri e solo da due giorni abbiamo viveri caldi e sufficienti. Dopo ventisei giorni di marce forzate e trenta che non si à il beneficio di toglierci di dosso più che la giubba, siamo ancora tenuti nel più completo abbandono e, quel che più indispone, con noncuranza quasi. Ma lo sai che a volte si presterebbe fede a voci sardoniche che corrono tra noi, cioè di essere trattati così perché scappati dal fronte!... Ò avuto occasione di leggere ieri un articolo breve ma sufficientemente cretino del Messaggero, che parlava di “ammenda al peccato” trattando di soldati ritornati volontari in linea.
Immagino che quel decrepito imboscato di redattore non abbia mai conosciuto neppur lontanamente la disciplina militare italiana, specie in guerra!
Ed à il coraggio di parlare di abbandono di posto come se fosse in facoltà del soldato andarsene o gli bastasse solo non esser visto per farlo.
Il soldato non à fatto mai un passo in dietro se non comandato e tanto meno dopo due anni e mezzo di esperienza avrebbe lasciato posizioni inaccessibili, senza distruggervi prima dieci eserciti. Come si siano svolte le cose è mistero profondo, ma chi vorrebbe insozzare l’onore del soldato è un vile ed un pazzo. Troppo comodo ed ingenuo il giuoco di scarica-barile per non svelarsi da sé.
Un nostro tormento grandissimo ora è quello della corrispondenza. Non si riesce ad avere un rigo dai nostri cari e neppure la sicurezza di saperli tranquilli. Si diceva in questi giorni che la posta arriva dal fronte al paese con regolarità, quindi mi farò maggiormente sollecito nel dare mie nuove. Domattina appena possibile cercherò anche d’inviare un telegramma, giacché sembra ne sia ripresa l’accettazione.
Ti invierò il nuovo indirizzo che credo purtroppo non resterà per molto tempo lo stesso. Lo ripeto qui sotto per buona memoria:
Campo di Riordinamento Artiglieria
3a Sezione - Frazione 3A
(Mantova) S. Giacomo delle Segnate
Scrivi subito quindi e fammi tranquillo. Sappi intanto che io sto bene. Certo un po’ stanco, un po’ anche disturbato dalla stagione e dalla mancanza di tutto, ma nella nostra condizione e dopo quello che si è passato, bisogna trovarsi arcicontentoni. Per maggior conforto si dice da noi che vi possa essere la possibilità anche di essere inviati a Roma al nostro deposito reggimentale! Non mi lusingo troppo però di questa possibilità. Sarebbe troppa grazia dopo tanti guai. Il fatto positivo ad ogni modo è questo, che sono già partiti gli uomini di due batterie per depositi dell’alta Italia. Certo sono andati per prelevare pezzi, ma non è improbabile che per riordinarli in equipaggiamento li facciano passare per i rispettivi depositi di origine.
Pensa quanta fortuna sarebbe per noi, proprio ora che sembra sempre più allontanarsi il giorno dell’arrivederci!
Stiamo sempre di buon animo e il Cielo ci aiuterà. A tutti saluti infinitissimi.
Tu ricevi un mondo di carezze dal tuo Ottone
149. Ottone a Sandra. Telegramma. TP: Bondanello, 26.11.17. TA: Roma Centro, 28.11.17.
Salute buona scrivimi Campo Riordinamento Artigla [sic] 3 Sezione Frazione A Mantova per Sangiacomo delle Segnate affettuosi saluti - Ottone Costantini
150. Ottone a Sandra. Luzzara, 7-11 dicembre 1917. Due inchiostri diversi: uno per la data e per il corpo della lettera sino a forza di convincere; l’altro per l’intestazione e il resto della lettera.
Lusara [sic] 11 [2] Dicembre 1917
Mia Sandrina
Ho sempre avuto desiderio vivissimo poter comunicare per iscritto, a te che ascolti con benevolo interesse, tutto il turbinoso avvicendarsi dei miei pensieri e le impressioni infinite che à l’animo mio attraverso gli avvenimenti tanto nuovi di queste epoche eccezionali, ma la sorte, sempre un po’ arcigna con me, mi priva di questo beneficio che mi sarebbe di impareggiabile sollievo.
Sento che vivrei senza lamenti l’esistenza che ci grava addosso se potessi dar libero sfogo, almeno per iscritto, agli impulsi del cuore, alleggerendo il lavorìo intenso e racchiuso del mio cervello, sempre in fiamme. Segnerei di certo le tappe del tempo con una serie interminabile di dissertazioni periodiche, quasi ritmiche, come il battere delle ore, come il volgere dei giorni. E son costretto al silenzio! Debbo struggermi nel desiderio impotente di assecondare il mio sentire e lasciarti sola, troppo sola nel sano fantasticare. Ogni giungere di una tua nuova lettera è una gioia per me ed un rimpianto senza fine e senza speranza. Aspiro ansioso ed insaziabile le tue frasi, rispondo, assecondo o combatto i tuoi pensieri e mi propongo di scrivere subito e dire, dire tanto da tenerti avvinta alla mia narrazione, ai miei voli, così da rapirti di là e portarti a me sempre più vicina.
Sentirti sempre più mia, trasformarti, infonderti parte del mio spirito, assimilare il tuo, creando un’anima comune, nuova, più forte, più salda, più esperta.
E devo invece lasciar cadere le tue parole nel silenzio vuoto, popolato dalle ombre nere del dubbio! A volte mi tortura il pensiero che tu debba credermi insensibile ai tuoi detti, o inetto o freddo. E temo sempre che la tua preziosa vivacità abbia a spegnarsi scoraggiata.
Ma sempre una nuova tua lettera viene a togliermi dall’ansia: e la tua affettuosa fiducia sa intuire quel che m’è impedito di dire.
Sapessi come mi rendo esatto conto della insopportabile ansia dell’attesa che vi costringe per giorni e giorni a brancolare nell’incertezza dei più neri presentimenti o delle vane lusinghe che non ànno forza di convincere.
E per questo il mio tormento diviene smanioso, insopportabile. Vorrei agire, scrivere, telegrafare e sempre la massa del lavoro mi stringe e distrae dal proposito. La disciplina à l’imperiosità irragionevole del tiranno che sprezza tutto. Ed è così che anche la presente à subita la sorte delle altre. Iniziata il 7, venne ripresa per brevi istanti nei giorni seguenti, ed oggi (giorno 11) pare destinata ad essere ultimata (salvo complicazioni). Certo non è mai stato più faticoso nessun lavoro letterario, come due righe vergate in fretta da me. Né si deve credere ad esagerazione! Mi trovo quasi solo a sbrigare un lavoro di riordinamento amministrativo arretrato di tre mesi, privo di ogni necessario e costretto a continuare l’ordinaria gestione della batteria, come se nulla fosse avvenuto. Pensa solo alle mille complicazioni del passato sconvolgimento, per imaginare da quale guazzabuglio debbo districarmi, tutto solo, badando bene di non andar contro a nessuna delle mille prescrizioni regolamentari e burocratiche in vigore fino da immemorabili tempi e sparse un po’ per tutte le antiche circolari e le vecchie istruzioni. Ce ne sarebbe da far lavorare un collegio d’avvocati!
Ieri feci un telegramma per toglierti con sollecitudine dall’attesa, ma l’ebbi di ritorno col consiglio di scrivere per lettera espresso, che sarebbe giunta prima. Dò quindi una strappata alle morse che mi stringono e termino di volata questa tormentosa tiritera nella speranza che debba essere l’ultima delle ritardate.
Ti avviso intanto che da quattro giorni non ricevo tue nuove!!
So benissimo che deriverà dai soliti disguidi, ma sono ugualmente nervoso e contrariato. Mi lusingo avere qualche cosa stasera. Intanto prendi nota che abbiamo cambiato denominazione alla batteria e per la centesima volta anche l’indirizzo. Scriverai ora:
72a Batteria d’Assedio
Campo Riordinamento Artiglieria
1a Sezione Sottofrazione 1.D.
(Mantova) S.Giacomo delle Segnate
Ricevi un’infinità di cose belle e tutto l’animo mio. Porgi ossequi infiniti alla buona mamma e a tutti i tuoi. Tuo Ottone
151. Ottone a Sandra. 16 dicembre 1917.
16 Dicembre 1917
Mia Sandrinella
La mancanza prolungata di tue nuove mi rende muto e quasi inerte: sento che una gran parte del mio spirito va agghiacciandosi poco a poco, quasi destinata a spegnersi, come una povera lampada a cui venga a mancare l’olio: dà ancora qualche guizzo; bagliori scialbi che pare invochino la vita da una mano pietosa. Si riaccende così nell’ora che i più fortunati ànno la parola attesa dei cari, per freddarsi subito nella delusione.
Come si presenta allora alla mente l’aspetto triste d’abbandono d’una casella vuota, pur tanto ansiosamente spiata! Anche quella à un lamento doloroso e muto, un richiamo senza eco. Si direbbe che un fato avverso e maligno gioisca d’incrudelire sugli animi nostri, già così duramente provati da una lontananza che non à il sorriso di un ricordo.
Quanta gioia ci fu vietata sino ad ora, quanti momenti d’intimità serena avrebbe avuto per noi il tempo che fugge veloce verso un avvenire ancora così chiuso! Mi sto chiedendo in vano perché si studi il mezzo di esaurire le nostre energie anziché preoccuparsi di rinfrancare, di ritemprare il nostro spirito ed il nostro fisico già così scosso in due anni e più di rinuncie continue e di sofferenze. Perché lasciarci imputridire inutili e trascurati in una campagna dove tutto ci è avverso, dove tutto è sofferenza fisica e tormento morale. Non siamo dunque noi figli di questa Italia per la quale già tante sofferenze ci siamo imposti serenamente e a tante altre ci proponemmo di correre in contro volonterosi?! Non si comprende che un sol giorno di vita civile che ci togliesse da questo abbrutimento restituirebbe alla patria dei soldati forti e decisi: elementi quindi di azioni vittoriose?
Se a volte basta solo scorrere un giornale cittadino per sentirsi infiammati di nuovi propositi, che cosa non potrebbe invece fruttare un po’ di riposo ristoratore in questi brevi istanti di forzata inattività!
Ma invece ci si lascia marcire nel sudiciume privi di tutto e solo perché lontani da centri importanti! I rifornimenti son tardi e i mezzi igienici di pulizia nulli. Ci si tien lontani dai paesi come fossimo bestie velenose e indegne. Non volendo neppur sospettare che sotto le sferzate più sanguinose si mantengono sempre cuori intatti e forti che sentono purtuttavia amor vero di patria. Non voglio disconoscere che al nostro isolamento possa concorrere qualche ragione di forza maggiore, ma la sistematica diffidenza pel soldato mi offende. Per quel soldato che fino ad oggi (dico fino ad oggi e quindi sempre) à dato prove di indiscutibile attaccamento alla sua patria e di spirito di abnegazione il più assoluto. Fra noi (intendi bene!) non vi furono mai traditori. Ed oggi soffriamo pei malaccorti e i mal disposti d’animo!
Mi chiedevi giorni or sono, nell’ultima tua, se mi occorreva nulla! Ti confesso che la domanda mi avvilì al punto da darmi le lacrime agli occhi. Non ti dissi forse che noi restammo al nostro posto facendo fuoco fino ad esser circondati a pochi metri dal nemico? non ti dissi pure che la nostra resistenza (forse isolata) valse ad arrestare un giorno intiero il nemico sul nostro settore? E che eravamo pronti a difenderci coi fucili nostri polverosi, che non imaginavano certo di dover servire un giorno! E da quell’infausto 27 ottobre fu poi una continua marcia che direi non ancora cessata quasi! Ò in dosso ancora i resti irriconoscibili d’un paio di calzini di quasi due mesi fa. La camicia la cambiai solo pochi giorni or sono e tutti gli altri oggetti che non ò gettato ànno lo stesso tempo e condizioni di servizio! Non ti dico poi degli animali che abbiamo in dosso! Non ne ebbero di più una tribù di arabi! Ma lo svantaggio sta in questo, per noi, che ne soffriamo terribilmente, al punto da darci due notti insonni su tre! Né le miserie sarebbero tutte qui, ma per amor di patria non voglio enumerarle e di queste solo ti parlo che si dovrebbero immaginare e conoscere logicamente.
Or pensa tu come trasformerebbe noi tutti un solo giorno di vita in città e con quale animo diverso si riprenderebbe la via del cimento! Ma purtroppo non so lusingarmi. Ò avute troppe disillusioni. Converrà prepararsi alla meglio per la nuova entrata in attività. Ti giuro (e non vi sarebbe bisogno di giurarlo) che malgrado tutto il mio animo non à vacillato seriamente un solo momento e vorrei che tu pure mi seguissi con lo spirito, senza debolezze, ma senza illusioni o false opinioni: e per questo ti ò parlato di cose dolorose.
Contentati di sapermi in buona salute e pieno d’affetto per te, quanto non è possibile esserlo di più. Prendi ancora nota dell’ultimissimo indirizzo: “C.C. 72a Batteria d’Assedio, Campo riordinamento art.ria da fortezza, Zona di guerra”. Ricordati che il Zona di guerra non vuol significare che siamo ancora partiti: ci troviamo sempre al solito posto. Del nipote del tuo ragioniere non potei aver notizie perché la tua corrispondenza mi giunse tardi. Io fui a Lonigo (fuori città s’intende) per quattro o cinque giorni e mi sarebbe stato allora facilissimo rintracciarlo. Ti saluto caramente con una carezza lieve e sorridente. Tuo Ottone
Saluta tantissimo i tuoi genitori e fratello e sorelle. Ringrazia la mamma della sua protezione.
152. Ottone a Sandra. Luzzara, 22-23 dicembre 1917. Due inchiostri diversi: uno per il corpo della lettera sino a una parola breve; l’altro per il resto del corpo, per la data e per l’intestazione.
Lussara [sic] li 23 [3]-12-917
Mia Sandra cara
Credo che non mi sarà possibile trovare il momento giusto perché ti giunga il mio saluto augurale nel giorno sacro agli affetti domestici; preferisco quindi giungere in anticipo, in modo da essere presente, in spirito, allo svolgersi di tutte le ore belle consacrate alla pace ed ai ricordi più cari.
Faccio conto di esserti da oggi tanto vicino, quasi stretto al tuo braccio e più mi avvicinerò nel silenzio; sarò la stessa tua ombra. Il giorno della festa sarò a te appresso e vorrò la mia sedia, il mio posto imbandito e i fiori innanzi. I fiori che parleranno di me, del mio affetto e mi rappresenteranno vivo e parlante nel loro profumo, nelle forme, nei colori: ed io gioirò qua nella povertà lieta della nostra solitudine, pensandoti e guardandoti lieta della mia vicinanza.
Mi dirai quel giorno una parola breve infiammata che sia come la chiusa e il suggello agl’infiniti colloqui muti delle ore precedenti. Ti sentirò ridere e rattristarti, udrò ancora una volta l’anima tua bella vibrare per me. Avrò l’impressione gradita ed impagabile di non essere solo e negletto: avrò tutta un’anima, tutto un mondo intento a me, palpitante e infinitamente migliore di quell’altro mondo pagano ed egoista.
Ò atteso tante altre volte con trepida gioia la ricorrenza gentile del Natale. L’indimenticabile poesia del presepio. La suggestiva funzione notturna, il suono delle campane nella notte nevosa, la veglia lieta e rumorosa di grida infantili, sono ancora scolpiti nell’animo mio con una freschezza di ricordi incancellabili. Poi quando la vita cominciò a strapparmi alla famiglia e l’approssimarsi del giorno solenne mi sorprendeva lontano, mi rivedo chiuso in un traballante calessino ad attraversare la campagna oscura e nevosa, per raggiungere un lontano mucchietto di case illuminato, dove attendeva la mamma impaziente e i fratelli. Rivedo ancora i giorni meno lieti di altre vigilie, tristemente passate a un tavolo d’ufficio, tutto solo nella solitudine gelidissima della Maddalena sbocconcellando un pezzo di pane che bagnavo di lacrime. E la fiammella della candela raccoglieva l’espressione lamentosa del mio sguardo umido e pareva ne tremasse commossa. Ma giorni migliori vennero per me, ed io ritrovai la gioia grande pazzesca in una comitiva di amici vibranti di gioventù e di desideri.
Lanciati nel mondo quasi alla ventura, soli compagni a noi stessi, lo spirito gaio e intraprendente di alcuno ci fece aprire porte dorate a ricevimenti sontuosi. E la solennità di letizia famigliare divenne elegante sfarzo di etichetta. Ma come avviene, per le alterne vicende della gioventù libera, vidi la modesta trattoria consueta, consacrata dalla gaia bohème,[4] trasformarsi in piccola reggia, nel giorno ricordativo, vibrante in un tripudio di gioia vivace e buona. E la gioia ci seguiva poi nella via fangosa e buia che ci riconduceva tardissimo alle nostre camerette di scapoli. Però l’animo intravedeva una gioia più pura, più completa. Mancava allora un elemento che non si sapeva ben precisare e si sentiva fortemente. Si sarebbe detto che il buon umore chiassoso volesse soffocare un rimpianto. Ed oggi si è svelato a pieno e incontestabile. Oggi che l’angelo benefico à dischiuso le ali verso di me. Sento ora quale poteva esse[re] la vera gioia, quanto preziosa la tua vicinanza. Ma un fato avverso non l’à consentito, à contrastato questa gioia ch’è la più grande e doveva quindi esser guadagnata con sacrifici con sofferenze. Sarà questo un pegno certo, una promessa per un giorno che non potrà mancare. E già la nostra buona fata ce ne dà un segno. Presto avremo la grande fortuna di parlarci ancora da lontano, ma di udirci almeno, di riconoscerci. A giorni partiremo per Piacenza. Telefonerò subito, subito, subitissimo. Anzi in questa attesa puoi sospendere ogni invio di corrispondenza. Ricevi mia cara, mia buona Sandrina tante carezze affettuose, tante affettuosità e un auguri[o] lietissimo per il Natale. Auguro il buon Natale a tutti i tuoi. Salutissimi Ottone tuo.
153. Ottone a Sandra. Piacenza, 18 gennaio 1918.
18-1-918
Mia cara Sandra
Mi divincolo a fatica dal torpore che à preso il mio cervello in questi giorni di preoccupazioni e di lavoro. Posso assicurarti che la mia esistenza à ora solo brevissimi e fuggevoli istanti di calma, nei quali l’unico riposo, il migliore conforto è pensare a te. Son momenti preziosi e rari che mi sorprendono per la strada, nell’anticamera di un comando, in trattoria e dovunque un’attesa inoperosa acquieta il lavorìo continuo della mente: e il desiderio mi punge allora fortissimo di esserti vicino, di parlarti. Formo degl’interminabili discorsoni, faccio mille domande alle quali mi rispondo per conto tuo e quindi le ribatto, le combatto spesso o mi associo alle tue idee confidandoti tutte le contrarietà, tutti gli affanni che mi travagliano.
Eppure non scrivo! non so e non posso trovare quella mezz’ora desiderata: e passano i giorni nell’attesa ansiosa e meravigliato, addolorato fino alla disperazione, mi sento ripetere che son freddo e quasi distratto, negligente!
Vorrei ribellarmi a queste accuse e mi sento colpevole. Mi condanno e sento di non essere giusto con me stesso. Mille ragioni sorgono a schierarsi in mio favore e termino coll’imprecare a questa infausta condizione che ci lancia raminghi pel mondo, senza una casa, senza un riposo, senza un conforto anche minimo.
Pensa solo che l’unico luogo di raccoglimento e dove possa trovare un po’ di tranquillità è la trattoria! Imagina che bel concentrarsi! che luogo adatto alla meditazione! E per me era elemento tanto necessario di riposo fisico e morale un po’ di solitudine calda e raccolta. Ti giuro che il disagio morale maggiore è questo interminabile andare, senza trovare un luogo di sosta, un’ora di abbandono, di riposo.
E gli affanni che ci gravano così si fan giganti, opprimenti, assidui. Tutto prende colore più scuro del normale e ci si sente indebolire la resistenza nel principio di esaurimento. Io ò sempre cercato di farmi forte e di dimenticare, quando più insistenti si riaffacciavano i pensieri molesti, ma ora questi àn forme e consistenza reali: la preoccupazione diventa insopportabile!
Ti ringrazio per quanto ài cercato di fare per aver notizie di mio fratello e mi auguro di averne presto buoni risultati.[5] Attendo nuove con quell’ansia che si può imaginare. Dopo l’ultimo nostro colloquio a telefono mi lusingavo di veder presto tuo fratello, ma non si vede ancora.[6] Non è più partito? Dammi sue notizie e fammi sapere quando verrà.
Ti saluto caramente Ottone tuo
Noi partiremo forse domani forse dopo domani... t’informerò subito della partenza. Saluti a tutti. A te una carezza... sì??
154. Ottone a Sandra. Piacenza, 21 gennaio 1918.
Piacenza 21 Gennaio 1918
Mia cara Sandrina
Come vedi anche nella forma tu sei sempre la mia cara mentre con la tua ultima cartolina (attesa ben tre lunghi giorni) sembra tu abbia dimenticato che una volta mi volevi bene, né la memoria ti assistette meglio nella chiusa, dove non mettesti neppure un freddo saluto.
[...] Veramente tu ài tanto ragione quando dici che ora le mie lettere sono un po’ troppo scarse, chi potrebbe negarlo, ma abbiamo anche avuto frequenti colloqui a telefono che in certa maniera venivano a rimpiazzare vantaggiosamente queste.
Ti telegrafai quando le preoccupazioni mi tennero troppo a lungo muto, scrissi poi un paio di espressi nelle stesse condizioni ed infine anche l’altro ieri una lunga lettera e ieri una alla buona mamma. Credi che io abbia forse ricevute molte più lettere di quelle che ò scritte? Sapessi quanto impazientemente attendo tue nuove! Lo potrebbe dire il nostro postino, che riceve i peggiori trattamenti quando non mi porta nulla di tuo. E lui che conosce la tua calligrafia fa il sorriso allegro quando à qualche cosa o comincia a scusarsi, per non vedermi arrabbiare, se giunge a mani vuote. Potrei scrivere migliaia di foglietti se dovessi ripetere tutte le fantasticherie che vengo almanaccando giornalmente pensandoti. Direi quasi che non esiste strada di Piacenza che non mi ricordi un soliloquio con te. Non provai un’impressione qualsiasi che non l’accoppiassi alla tua imagine. E tanto più l’attività m’incalza e più la mente vuol correre a te e ti cerca instancabile e tu non senti, tu non rispondi, tu non sospetti che ti possa voler tanto bene questo distratto soldataccio. [...]
Mi lusingavo di aver tue nuove alla venuta di tuo fratello, ma questa tarda, perché? Mi sembrerà di vederti giungere vestita da soldato! Ti somiglia un poco? Dammi sue notizie subito. Di mio fratello ancora nulla di nuovo, da Roma mi ànno date buone speranze e sono un po’ più tranquillo, ma non c’è nulla di sicuro ancora. Ti terrò informata. Salutami tutti i tuoi e tu ricevi un bel bacio in segno di pacificazione - l’accetti? Ottone tuo
155. Ottone a Sandra. Piacenza, 23 gennaio 1918.
Piacenza 23 Gennaio 1918
Mia cara Sandruccia
Oggi finalmente la posta mi gratifica di due tue lettere e posso quindi parlarti con più calma e direi quasi con accento gioviale. Da qualche giorno mi sento insolitamente tranquillo sul conto di mio fratello e provo il desiderio di chiacchierare, di dire tante cose che mi agitano l’animo, di liberarmi un po’ da quella folla di pensieri che mi ingombrano il cervello. Ma la parola, costretta nel breve spazio di un foglietto, nera e senza calore come cosa morta non mi attira, non mi soddisfa. Attenderò ancora un poco, ancora qualche giorno, forse, poi dirò tutto, parlerò fino all’esaurimento.
Allora conoscerai tutto il mio animo, saprai le mie idee, traccerai il mio carattere e vedrai come a traverso a criteri che a te suoneranno nuovi ed inattesi, sorgerà intatto l’antico mio concetto della vita: concetto un po’ idealistico e poetico (i miei amici mi chiamavano il poeta, non so se a torto o a ragione) e un po’ materialistico e crudo, come il sogno d’una fantasia percossa e smussata da una lunga esperienza. Troverai allora forse il doloroso stridore del cozzo con tue idee care buone, e queste tanto più care quanto più buone e oneste e altrettanto più errate: ché la perfezione non essendo mercanzia di questo mondo, si farebbe di questa vana speculazione. Vedrai forse sorridere di qualche tuo idolo diletto e udrai le amare considerazioni e le tristi conclusioni tratte dai sentimenti migliori.
Sentimenti che possono essere preziosi perché ispirati dai migliori intendimenti, ma destinati ad applicazione decorativa se non macerati nel filtro della esperienza e della realtà. Non voglio dire che mi studierò di cambiarti, no, perché la verità è un’azione propria che non voglio né alterare né affrettare, ma mi vorrò beare nel vedere la naturale e graduale trasformazione inevitabile. Non diverrai certo migliore, ma d’un angelo irreale e inafferrabile, ne sortirà la donnina a modo e assennata che rifuggendo dagli eccessi entusiastici saprà vedere la misura del reale e dell’artificioso. La trasformazione non strapperà nulla della tua bontà e ti svelerà anche meglio tutto il valore di un affetto vero e sincero: “unica cosa veramente reale e incontestabile in questa vita”.
Credo che tu mi troverai un po’ strano questa sera e giurerei che ti punge la curiosità di sapere, di sentire chi sa quali rivelazioni. Non attendere nulla di grandioso, di straordinario; il cozzo avverrà forse inavvertito. Ce ne accorgeremo però quando saremo uguali, quando ci saremo cementati, assimilati. Allora saremo certo meno imperfetti e più adatti ad affrontare il tempo.
Dunque ne riparleremo al nostro arrivederci.
Dammi intanto nuove dei tuoi e delle tue ambasce che mi stanno a cuore vivamente. Fammi sapere anche se tuo fratello nella domanda à fatto rilevare che la 72a Batteria è mobilitata e a disposizione del Comando Supremo. Se non lo avesse fatto, rinnovi la domanda con questa motivazione.
Ti saluto caramente e... ecc. Accetti? tuo Ottone
Saluti a tutti i tuoi.
156. Ottone a Sandra. Piacenza, 29 gennaio 1918.
Piacenza 29-1-918
Mia cara Sandrina
Avevo scritto l’altro ieri una lunga, una interminabile letterona che ò poi condannato alle fiamme. Non te ne lamentare: era una noiosa disquisizione cattedratica che aveva l’aria d’insegnare cose tanto nuove, mentre di nuovo non c’era che la pretesa di convincerti a certe idee e a certi sofismi, come si fosse trattato di sottoporti un’opera filosofica. Ringrazia quindi la buona sorte che ti à risparmiato la fatica di leggerla. Se mai non fossi proprio del mio avviso consolati pensan[d]o che ci sarà sempre tempo di parlarne... e intendo dire parlarne a voce!
La mia licenza è prossima, molto prossima: non si attende che di abbandonare Piacenza, il che sarà prestissimo, giacché è di già arrivato l’ordine di movimento; forse due o tre giorni ancora. Si inizieranno quindi gl’invii in licenza ed io sarò fra i primi!
Ma questa buona notizia non è sola! La nostra gloriosa batteria è stata scelta (forse per compenso) a portarsi a Borgotaro coi pezzi, per servire alla scuola di addestramento per abilitazione di ufficiali alla condotta del fuoco.
Saranno quindi due o tre mesi di meritato riposo, dopo gl’innumerevoli servigi resi e i disagi sopportati. La prova della nostra lodevole condotta la fornisce [sic] le numerose ricompense ottenute da ufficiali e graduati della batteria e gli elogi pubblici e privati tributati a noi tutti indistintamente. Credo che questa notizia ti farà piacere per me e vi spronerà a intensificare la pratica per il trasferimento di tuo fratello.
Io consiglierei di fare una domanda, a nome della mamma, indirizzata al Comando Supremo, facendo notare che la Batteria è mobilitata e che il passaggio si chiede per raggiungere un parente. Credo che questa sarebbe la via migliore.
Di mio fratello non so ancora nulla, ma continuo a tranquillizzarmi sapendo che effettivamente i prigionieri ora debbono far attendere molto a lungo loro notizie. Ò quindi ferma convinzione che possa essere prigioniero. Abbiamo anche scritto ai suoi compagni per aver notizie certe ed attendiamo sempre. Ringrazia sentitamente i tuoi del gentile invito e porgi a mio nome i saluti più affettuosi.
Arrivederci presto mia cara Sandrina, pensami sempre sempre. Dam[m]i le mani ch’io le baci tuo Ottone
157. Ottone a Sandra. 3 febbraio 1918. Cartolina illustrata: Piacenza, Mon. ad Alessandro Farnese. TP: Piacenza, 3.2.18.
3/2/918
Mia Cara
Da parecchi giorni son privo di tue nuove e comincio ad esserne impressionato. Voglio credere che l’idea della mia partenza ti abbia trattenuto dallo scrivere, ma ti avevo pur detto che potevi scrivere, fino a nuovo avviso, al vecchio indirizzo!
Speriamo che l’impedimento non sia dovuto a indisposizione! Fammi tranquillo in proposito. Oggi partiamo per Serravalle (di Fornovo). Ti invierò domani l’indirizzo esatto. Scrivi subito. Salutissimi affettuosi Ottone
158. Ottone a Sandra. 4 febbraio 1918. Cartolina illustrata: una figura in divisa di marinaio di Adelina Zandrino (219 - 4). TP: Fornovo di Taro 4.2.18.
4-2-918
Carissima
Siamo giunti questa mattina a Fornovo; domani traino fino a Serravalle.
Il viaggio fu alquanto scomodo e il freddo non cessò di tormentarci che a sole alto. La giornata è meravigliosa oggi e riteniamo saranno uguali in seguito, giacché il clima di questo paese è delizioso.
Non posso darti ancora l’indirizzo preciso perché non lo conosco, ma intanto la mancanza di tue nuove mi pesa gravemente. Cerca di ricompensarmi quanto prima. In attesa del prossimo arrivederci ti saluto caramente Ottone
159. Ottone a Sandra. 5 febbraio 1918. Cartolina illustrata: Fornovo Taro, Chiesa monumentale. TP: Mariano Pellegrino 6.2.18.
5 febbraio 1918
Carissima
Siamo giunti a destinazione. Luoghi amenissimi, aria finissima e tempo splendido. Spero rimettermi completamente.
Attendo con ansia tue nuove. Scrivi subito al seguente indirizzo: 72a B.A., Mariano di Pellegrino Parmense (Parma).
Affettuosissimi Ottone
160. Ottone a Sandra. Mariano, 7 febbraio 1918. Cartolina illustrata: Piacenza, Palazzo Gotico. TP: Mariano Pellegrino, 9.2.18.
Mariano 7-2-918
Carissima
Continua la mia attesa vana. Domani forse, o dopo domani potrò ricevere tue nuove, ma intanto mi sento come puoi imaginare!
Non c’è come la montagna che sappia far sentire l’isolamento in cui ci si trova. Siamo lontani da ogni manifestazione di vita civile. Quasi eremiti! E neppure le poco graziose emozioni di un tempo vengono a distrarci dall’attesa tormentosa. Ricordati di scrivere subito a Mariano di Pellegrino Parmense.
Saluti affettuosissimi Ottone
161. Ottone a Sandra. Mariano, 14 febbraio 1918.
Mariano 14 febbraio 1918
Mia cara Sandra
Mi son giunte le due tue indirizzate a Serravalle. Avrei voluto anche riscontrar subito ieri con una mia, ma un forte mal di capo m’impedì qualsiasi occupazione. Ora sto benissimo, sebbene un po’ scombussolato dal travaglio di ieri. Per l’occasione ò anche consultato lo specchio ed ò potuto constatare con piacere che sto rimettendomi dai disagi passati. Son quindi tranquillo che al nostro rivederci non dovrai provare quella cattiva impressione che sarebbe stata inevitabile qualche tempo fa: sto diventando rotondo come nei bei tempi.
Quando sarò presentabile completamente volerò a te con tutta la velocità del diretto Pisa-Roma.
E giacché la tua impazienza vuole sempre qualche notizia in più, qualche novità in proposito, dirò che il comandante à assicurato che si inizieranno le licenze quando la batteria sarà messa a posto e farà fuoco. Questo avverrà certo fra due o tre giorni, quindi si può contare che io, venendo fra i primi, potrò essere a Roma verso la fine della settimana entrante!
E ti pare poco?! pensa soltanto che quando riceverai la presente forse la batteria sarà già a posto e che da allora al mio arrivo il tempo volerà perché così voglio!
Scommetterei che tu non sei punto convinta di quanto ti dico!
Non te lo rimprovero perché sembra impossibile anche a me! Bisogna convenire che la mala sorte ci à un po’ contrastati, non è vero?
Ma avremo sempre tempo di ripagarci di tanta lontananza!
Se mi vuoi sempre bene pensami tanto tanto e scusami se non scrivo di più: sento sfuggirmi la calma al pensiero della licenza e la mente mi si annebbia. Arrivederci, porgimi le mani tuo Ottone
162. Ottone a Sandra. Mariano, 20 Febbraio 1918. Cartolina postale, affrancata espresso. TP: Mariano Pellegrino, 21.2.18.
Mariano 20-2-918
Mia cara
Vorrei metter le ali a questa cartolina perché ti giungesse subito subito: però l’onda viva del mio contento deve averti già raggiunta. É impossibile che tu non senta la mia gioia! Battistino à scritto, è prigioniero e si trova in Boemia. É stato ritenuto morto. Assolutamente e indiscutibilmente. Avevo un bel convincermi, ma il dubbio feroce non mi lasciava mai. Imagina la nostra gioia! Dice di star bene. Dà un indirizzo così ostrogoto che bisogna ricopiarlo lettera per lettera per trascriverlo. Ti ringrazio infinitamente per le pratiche iniziate con tanta sollecitudine, ben contento che la buona sorte ci abbia questa volta proprio favoriti.
Le tue ultime mi parlano del mio silenzio che dura da nove giorni! ma se ò scritto ad intervalli non più lunghi di due o tre giorni!
Perdonami comunque se non posso aumentare la mia attività epistolare: ò molto da lottare per questa benedetta licenza ch’è molto prossima, ma non ancora precisata. Domani comincieranno i primi invii. Ti avvertirò telegraficamente alla mia partenza. Stai sempre di buon animo e ricordati che son sempre il tuo aff.mo Ottone
163. Ottone a Sandra. Senza data ma forse (come segnala una nota tarda, a matita, di Ottone) del 25 febbraio 1918. La pagina è quasi interamente occupata da un disegno dove la figura di Sandra è circondata da varie immagini: una locomotiva, il foglio di licenza, la cupola di S.Pietro ecc.]
Mia Sandrinella!
Ecco il tumulto del mio cervello!
sono incapace di raccapezzarmi, in mezzo a tanto caos! Tu già indovini!...
É terminato, d’improvviso, il primo turno di licenze! e domani s’inizia il secondo!... forse una settimana: forse molto meno e saremo uniti ancora!...
Vicini, vicini, vicini, vicini!!!
Non ò parlato anche troppo?!!
Un salutone! Ottone tuo
W
Saluti a tutti
Salutissimi
[1] S.Giacomo delle Segnate.
[2] Corretto su 10, a sua volta corretto su 7.
[4] E' scritto: boèmiens; forse Ottone voleva scrivere: gaia [vita di] bohémiens
[5] Il fratello di cui qui parla Ottone è il diciottenne Battistino (ossia Giovanni Battista o anche Giovanni, come compare in alcuni documenti) che, arruolato da poco, combatteva sull’altipiano di Asiago con la Brigata Liguria. Di lui, dato per disperso dal Comando il 5 dicembre del 1917, non si era saputo più nulla. Sandra si interessò per averne qualche notizia tramite il Vaticano.
[6] Ernesto, fratello di Sandra, nell’ottobre del 1917, compiuti appena i diciassette anni, era stato arruolato “volontario” dai suoi genitori per correggerne, con una drasticità non ignota alla pedagogia popolare del tempo, le presunte inclinazioni alla scapestrataggine. Ernesto era stato assegnato alla 9a Compagnia del 3° Reggimento Artiglieria da Fortezza - quello di Ottone - e l’auspicio di tutti era che, terminato il corso trimestrale di addestramento ai tiri, potesse raggiungere il futuro cognato nella stessa Batteria. La cosa però non riuscì, nonostante i ripetuti tentativi (cfr. nn. 153, 154, 155, 175, 179).
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Ottone Costantini
Lettere dal fronte
Indice
Francesco Cataluccio
Prefazione
Claudio Costantini
Un contabile alla guerra
Note e avvertenze
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Il primo fronte
1-15 16-29 30-46
Da Asiago alla Bainsizza
47-70 71-94 95-119 120-141
L'ultimo anno
142-163 164-184
185-204 205-222
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Album di guerra
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